Vi è un’antica parola italiana, entrata con una certa consuetudine nella parlata romanesca: fratta.
La fratta è un luogo impervio, folto di rovi e di sterpi.

Gabriele d’Annunzio, nella sua poesia “La Pioggia nel Pineto”, scrive:
…E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
(e il verde vigor rude
ci allaccia i mallèoli
c’intrica i ginocchi)…

Oggi esiste una splendida basilica nei pressi di Piazza di Spagna, che ai giorni nostri è nel cuore della città, ma che in epoca medievale era un luogo impervio e ubicato al di fuori del centro abitato, per l’appunto tra le fratte. Ecco il motivo per cui la Basilica di Sant’Andrea delle Fratte porta questo particolarissimo nome.

La Basilica di Sant’Andrea delle Fratte

In essa, accanto all’altare, troviamo due angeli marmorei, opera tarda del grande Gian Lorenzo Bernini

Furono scolpiti intorno al 1669 su commissione di Papa Clemente IX Rospigliosi ed erano destinati a decorare, insieme ad altri otto angeli, l’antico ponte che attraversa il Tevere davanti a Castel Sant’Angelo.

Ponte Sant’Angelo

Di grande effetto scenografico, questi due angeli recanti i simboli della Passione di Cristo, avrebbero dovuto costituire una sorta di corteo celeste lungo il percorso di accesso alla Basilica di San Pietro.

Accadde, però, che il Pontefice li reputasse troppo belli per essere esposti alle intemperie, decidendo di donarli al suo amato nipote, Giacomo Rospigliosi, affinchè li trasportasse a Pistoia, sua città Natale.

Papa Clemente IX in un ritratto di Giovan Battista Gaulli detto il Baciccio o il Baciccia 
Il cardinal Giacomo Rospigliosi, nipote di Clemente IX, in un ritratto di Carlo Maratta

Dopo il loro trasporto a Pistoia, per circa sessant’anni, dei due angeli non si ebbe più alcuna notizia.
Riapparirono, altrettanto misteriosamente, soltanto nel 1729 a Palazzo Bernini.
Il nipote di Gian Lorenzo Bernini, Prospero, li donò alla Basilica di Sant’Andrea delle Fratte, che era dirimpettaia del palazzo di famiglia, e dunque anche parrocchia di riferimento della famiglia stessa.


I due Angeli, meravigliosamente contestualizzati nell’abside di Santa Maria delle Fratte

Ormai da secoli le fratte hanno lasciato il posto alla città, ma l’angelo con la Corona di Spine, e quello con il Titolo della Croce sono ancora lì, con quelle ali fatte di quel marmo al quale nessuno, come Gian Lorenzo Bernini, seppe dare vita e leggerezza.
La loro incredibile bellezza e la loro espressione struggente sono una vera perla incastonata nel centro di Roma.

Gian Lorenzo Bernini, autoritratto

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