Si narra che il vero Re di internet sia il gatto, oggetto di amore e di adorazione, protagonista di una marea di post, foto e selfie da parte dei suoi innamoratissimi proprietari.
Ma c’è stato un tempo in cui il gatto, in casa, aveva un ben altro ruolo principale: quello di tenere i topi lontani dall’abitazione.
Per questo motivo, i gatti belli, ma soprattutto quelli bravi nel seguire il loro istinto felino, venivano accolti a braccia aperte nelle case romane, che come ben si sa poggiano su stratificazioni millenarie di questa città, e pertanto sarebbero, se non adeguatamente deratizzate, facile terreno di scorribanda per i roditori.
A fare la felicità di questi felini lavoratori romani ci pensava il Carnacciaro.
Il Carnacciaro era un antico mestiere, che peraltro è stato esercitato a Roma fino ai primi anni ’40 del XX secolo, in concomitanza con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale.
Questa figura vendeva e distribuiva carnaccia, ovvero frattaglie scartate dalle macellerie, destinata prevalentemente agli animali domestici.
I carnacciari, prima di iniziare il loro giro matutino, lessavano e insaporivano con delle spezie le frattaglie, poi le mettevano nei loro carnieri, girando i quartieri di Roma e distribuendole tagliuzzate.
I carnacciari campavano con le mance dei proprietari degli animali destinatari dei succulenti bocconi.
Si narra che a quel tempo i gatti domestici avessero imparato, alla vista del carnacciaro, a correre a chiamare, miagolando insistentemente, i loro proprietari, in quanto ormai coscienti che il pranzo non sarebbe stato loro ammannito se non in presenza del loro padrone, il cui compito era dar da mangiare a chi li nutriva.
Oltre a vivere delle mance dei padroni dei gatti, i carnacciari romani vivevano anche della vendita dei gatti stessi: quando per strada notavano un randagio giovane e prestante, lo attiravano con il cibo per poi metterlo in una grande sacca che si portavano appresso, rivendendolo poi alle famiglie in cerca di un valido “collaboratore scaccia-topi”. Prospettiva tutto sommato positiva anche per il gatto stesso, che così passava dal randagismo al cosiddetto “posto sicuro”, ripagato con i canonici tre pasti al giorno.
Il carnacciaro, diversamente da molti altri mestieri ambulanti, non gridava un proprio motto per richiamare l’attenzione, anche perché spesso girava nelle prime ore del mattino, limitandosi a fischiettare al fine di attirare l’attenzione dei gatti.
Lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale vide, assieme alla fine di altri mestieri ambulanti, anche la fine del carnacciaro.
Le carni scarseggiavano, molte macellerie erano state chiuse; la mobilità non era più completamente libera come in tempo di pace…
E così anche i gatti, nel loro piccolo, pagarono il loro amaro tributo al doloroso evento bellico.