Roma è indissolubilmente legata all’acqua: il Tevere, gli acquedotti, le terme, i laghetti, la vicinanza della città con il mare, le antiche cisterne, le naumachie, la Cloaca Maxima, le migliaia di fontane (vi sono più fontane che chiese!), i nasoni, le fontanelle…
A volte, tuttavia, può capitare di imbattersi nella fontana che non ti aspetti.
Siamo sul Colle Palatino, il più importante tra i Sette Colli, luogo della fondazione dell’Urbe.
Qui si sono stratificati secoli di Storia e di costruzioni.
Nel XVI secolo, la famiglia Farnese edificò sui ruderi delle dimore degli Imperatori una residenza immersa in un giardino delle delizie ricco di rarissime piante esotiche, nonchè uccelliere ove ammirare sgargianti pavoni e variopinti pappagalli; statue antiche che in quel luogo vennero reimpiegate, in una cornice di sorprendenti giochi d’acqua.
Siamo immersi nello splendore degli Horti Farnesiani, in cima al Colle Palatino, luogo dal quale si gode una vista letteralmente mozzafiato sulla Caput Mundi.
Mentre ci aggiriamo fra le rovine della Domus Tiberiana, facendoci largo tra cespugli e alberi centenari, ecco che – all’improvviso – scendendo una rampa di scale, ci troviamo davanti a una vera e propria sorpresa: il Ninfeo della Pioggia.
Una cascata d’acqua scrosciante, immersa nella semioscurità; una vera e propria apparizione fantasmatica all’interno di un luogo in gran parte dimenticato, sconosciuto ai più, quasi cancellato dai terremoti, dai secoli trascorsi, dall’abbandono e – come se non bastasse – dalle demolizioni operate dagli archeologi che tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo vollero riportare alla luce le rovine sulle quali i giardini farnesiani erano stati edificati.
Tra le poche strutture sopravvissute alle molte avversità precedentemente descritte, possiamo ancora ammirare il portale con i gigli, simbolo della famiglia Farnese, il recentemente restaurato Ninfeo degli Specchi, le Uccelliere, il Teatro del Fontanone, nonchè quello che è l’oggetto principale di questo mio articolo: il Ninfeo della Pioggia.
Esso era, in pratica, un rifugio nel quale i facoltosi proprietari andavano a ripararsi dalla calura estiva; un triclinio oscuro, fresco, ombroso, per proteggere se stessi e i loro ospiti nelle giornate in cui le ardores solis, le vampe del sole, si manifestavano in tutta la loro potenza.
Immaginate questo luogo piacevole alla vista, disseminato di statue e affreschi, caratterizzato da una temperatura fresca, mite.
Un luogo magico, in cui anche l’orecchio poteva godere del corroborante scroscio di una cascata artificiale che riproduceva fedelmente il suono di una pioggia abbondante, creando all’interno della grotta, artificiale anch’essa, un effetto subliminale che, anche in pieno agosto, offriva la sensazione di uscire dal tempo e ritrovarsi in una dimensione in grado di dare sollievo e serenità.
Il Ninfeo è alimentato dal sovrastante Fontanone, un sistema di vasche sovrapposte dalle quali l’acqua tracima, ruscellando in cascatelle per poi raccogliersi in un canale invisibile che va a creare l’effetto pioggia nella grotta artificiale sottostante.
Un Fontanone a dir poco magnifico, che ancora oggi si affaccia trionfalmente sul Foro Romano grazie a una terrazza nella quale, ai tempi dei Farnese, zampilli birichini nascosti nel pavimento creavano scherzi d’acqua per allietare e sorprendere i fortunati ospiti.